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di Gabriella Mecucci

La vittoria di Stefano Bandecchi a Terni era ampiamente prevedibile. Tanto è vero che questo giornale l’ha prevista. Basta leggere non dico gli articoli – dove questa probabilità è ampiamente argomentata – mai anche i soli titoli da noi pubblicati. Tante sono le ragioni. Ma ce n’è una che forse le sovrasta tutte: è stato lo spettacolo indegno dato dalla politica a dare una vistosa mano all’antipolitica.
Partiamo da chi non è nemmeno entrato al ballottaggio e cioè il centrosinistra. Chiaramente favorita da uno stato semi comatoso dell’alleanza di centrodestra, avrebbe dovuto presentare per tempo un candidato unitario e un paio di proposte per il futuro di Terni. Ma di candidati ne ha messi in campo quattro mentre di proposte poche, e nessuna di quelle che “bucano lo schermo”, che danno l’idea di disegnare un futuro migliore. Quanto all’immagine, il tempo ne restituiva una tutt’altro che positiva. Dopo decenni di governo della città operaia dell’Umbria, la sinistra ne era uscita con un volto molto offuscato che già aveva portato alla catastrofica sconfitta del 2018, e che non era stato sufficientemente rinnovato. Il Pd restava un partito senz’anima, che sceglieva come candidato sindaco un vecchio militante, Josè Maria Kenny, persona colta e per bene, ma con un appeal scarso e vecchiotto, mentre alleati coi 5stelle di Claudio Fiorelli c’erano dei veri e propri residuati del passato. C’era ad esempio una lista “Bella ciao” che sommava la vecchia Rifondazione comunista con esponenti del partito comunista italiano. Un gruppo di nostalgici che certo non poteva rappresentare il rinnovamento, il nuovo volto di una città desiderosa di guardare al futuro e di ridefinirsi. I pentastellati ora si lamentano perché i democratici non hanno voluto allearsi con loro, ma certo non hanno perseguito l’obiettivo con una qualche coerenza. Hanno scelto per primi il candidato e hanno detto: prendere o lasciare. Quanto al Pd ternano ha puntato programmaticamente sulla solitudine. Non è riuscito nemmeno a unirsi coi civici di Paolo Cianfoni. Solo Azione lo ha appoggiato, ma i calendiani contano poco: Terni non è Roma. A questo stato delle cose già di per sé votato alla sconfitta, si sono aggiunti i comportamenti ridicoli di esponenti della sinistra che dichiaravano di continuare ad essere di sinistra, ma di presentarsi col centrodestra. Mai come in questo caso vale la celebre definizione di Flaiano: la situazione è grave ma non è seria.
Se il centrosinistra era inguardabile, il centrodestra non appariva certo meglio. Il sindaco uscente, il leghista Leonardo Latini era stato abbandonato da tutto il suo gruppo consigliare, fatta eccezione per due esponenti (l’assemblea aveva assistito a più di 30 cambi di casacca). Fratelli d’Italia è arrivato alla scelta del candidato con una forte volontà di riscatto: la presidente Donatella Tesei infatti non era riuscita a fare il rimpasto di giunta, e i meloniani, che avevano preso alle politiche più del trenta per cento, si trovavano senza nessun assessorato regionale in mano. E non avevano nemmeno un primo cittadino nelle città più importanti dellì’Umbria. Erano completamente marginalizzati. Il loro leader Franco Zaffini, vista l’assoluta debolezza del sindaco uscente, ha pensato dunque di fare il colpo di mano e di appropriarsi del candidato di Terni. Ha imposto un suo uomo: Orlando Masselli. Il risultato è stato quello di apparire arrogante facendo imbufalire gli elettori leghisti. Quanto a Forza Italia non ha toccato palla. Sulle sciocchezze combinate dalla politica ternana si potrebbe andare avanti. Ma bastano queste per essere apparsa agli occhi dei cittadini come un insieme di forze politiche e di personaggi incompetenti, litigiosi e opportunisti.
Quanto al vincitore, Stefano Bandecchi, è un uomo molto popolare e molto populista. Ha imbracciato l’arma dell’ antipolitica, ha messo al centro della sua campagna elettorale l’eterno conflitto con Perugia e ha fatto promesse di ogni tipo. Adesso dovrà dare risposte ad una città in profonda crisi. E le parole non basteranno più. Quanto ad Umbertide è andato tutto come doveva andare. La sinistra di quella che fu una delle città più rosse dell’Umbria rossa è ancora massacrata dai conflitti interni.
Da questa tornata elettorale il centrodestra esce vincitore in Italia, ma sconfitto in Umbria. E il Pd ha perso invece quasi dappertutto. L’unica sua vittoria importante a livello regionale l’ha conseguita a Corciano. Qui è scesa in campo un’alleanza larga alla quale i riformisti di Azione- Italia Viva hanno dato un contributo molto significativo.