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di Andrea Fora*

Ho letto con molto interesse il contributo scritto da Ranieri Sorbello che, commentando il libro di Francesco Calabrese sulla storia della nascita della lista di Progetto Perugia, si interroga sull’attualità delle liste civiche e sul futuro della nostra città.
Con questo contributo auspico che possa nascere un dibattito ampio, che coinvolga le energie so- ciali, imprenditoriali e culturali in una città che da tempo non riesce più ad alimentare una vivacità di confronto e un dinamismo nell’interpretare il ruolo di capoluogo di Regione e baricentro dello sviluppo economico e sociale.
Sembra piuttosto che Perugia si sia addormentata, faticando a interpretare le trasformazioni e le crisi degli anni 2000 che hanno coinvolto le città e i centri storici, e che abbia rinunciato a interpretare quel ruolo di guida che negli anni 70 e 80 l’aveva fatta diventare una delle più belle città d’Italia, un centro attrattivo con una forte vocazione internazionale, una città generatrice di grandi pensieri culturali (ricordo tra tutti il Professor Seppilli e il ruolo guida dei movimenti sociali per la chiusura degli ex manicomi e la legge Basaglia).
Oggi Perugia sembra piuttosto una città spenta, che si accontenta di gestire l’esistente, coinvolta da un forte calo demografico, con una delle percentuali più alte di persone anziane tra i comuni italiani (oltre il 35% over 65), un centro storico che ha visto diminuire la presenza di alberghi e ristoranti negli ultimi 5 anni del 23% e la presenza, silenziosa e poco dibattuta, di tanti nuovi poveri.
Nelle settimane scorse il VI Rapporto Caritas ha raccontato la situazione delle nostre città, eviden- ziando che a Perugia oltre 35.000 persone vivono sotto la soglia della povertà assoluta. Perugini che fino a qualche anno fa facevano parte della media borghesia, dipendenti pubblici, pensionati, famiglie che oggi non arrivano alla fine del mese e spesso si vergognano a rivolgersi ai servizi e alle mense della Caritas. Ma come non può colpire il numero? Un perugino su cinque. Famiglie che vivono accanto a noi di cui ignoriamo le condizioni o facciamo finta di non vedere.
La cosa che mi stupisce è che nello stantio dibattito che anima le cronache politiche quotidiane, si parla del palco di fine anno a Piazza IV Novembre, dei fasci littori del mercato coperto, delle buche (per la verità un problema sempre maggiore che attanaglia chi ha l’ardire di avventurarsi per le strade della città) e nessuno si interroga sulla situazione della città, sul suo stato di salute, sul benessere dei perugini. L’Ospedale Santa Maria della Misericordia sta scoppiando (“Ospedale di Perugia da terzo mondo, la grave denuncia degli infermieri” titolavano i giornali locali qualche giorno fa); pare che sia subentrata la rassegnazione a un declino ineludibile e in pochi percepiscono la sfida del rilancio, dell’innovazione, dell’opportunità di costruire e disegnare, anche grazie alle grandi risorse economiche a disposizione in questo momento storico dall’Europa e dal governo, la città che vorremmo per il futuro dei nostri figli.
Nel 2014 la clamorosa vittoria del centro destra a Perugia fu figlia in parte anche di un moto di “reazione” che parti della città, che si ritrovarono nell’offerta del progetto civico di Progetto Perugia, ebbero nel voler cambiare un modo di fare politica e gestire l’amministrazione che si era chiusa in se stessa, che aveva evidentemente perso il contatto con le persone, che non ne sapeva più leggere gli umori, i bisogni, le aspettative, più impegnata a gestire i rapporti tra i partiti e le correnti in- terne che ad ascoltare i perugini.
Una situazione per alcuni versi analoga a quella che si presentò al sottoscritto nel 2019, in occa- sione delle elezioni regionali, quando, con un gran movimento di liste civiche, associazioni, terzo settore, imprenditori, avevamo intuito che il centro sinistra dopo anni di governo era arrivato al capolinea e provammo a costruire un percorso di rinnovamento civico che voleva cambiare i metodi e i contenuti. Ma in quell’occasione le vecchie logiche della politica fecero naufragare il tentativo di costruire un percorso innovativo di rinnovamento civico e prevalsero le logiche romane degli ac- cordi tra segreterie di partito. Da quell’esperienza però è nato e cresciuto un tessuto di impegno civico che, in meno di tre anni, ha permesso al centro sinistra di riconquistare città, come Spoleto, in controtendenza con tutti i dati nazionali di voto.
È ancora attuale la proposta civica a Perugia dopo l’esperienza degli ultimi anni si chiede Ranieri Sorbello? Personalmente credo che, indipendentemente dagli “schieramenti in campo” e dalla collocazione delle forze civiche nelle due classiche coalizioni di centro destra e centro sinistra, oggi Perugia debba necessariamente ripartire dal confronto e dalla partecipazione. Dai cittadini. Dall’interlocuzione con le tante associazioni, organizzazioni sociali, imprese che abitano la nostra città e i nostri quartieri che la politica e i partiti hanno dimenticato. Perugia è tanti luoghi, 74 frazioni, da Resina a Mugnano, borghi e territori a cui va ridata centralità dopo che, con la chiusura delle Circoscrizioni, sono state abbandonate a sé stesse.
Perugia è un patrimonio immenso di cultura, associazioni giovanili, musica underground, cultura scientifica, a cui va ridata voce e centralità per una città che deve investire sui saperi e sulla conoscenza. Perugia è la città all’interno della quale risiedono l’Università degli Studi e l’Università per Stranieri, due dei più prestigiosi Atenei d’Italia, che non possono non costituire gli elementi centrali su cui ripensare l’identità di una città che vuole investire sui giovani e sul futuro.
Perugia è la città capoluogo di Regione, un asse strategico da cui non possono non passare gli investimenti previsti dal PNRR per le grandi opere infrastrutturali e viarie in grado di collegarla con l’Umbria e con l’Italia, tramite l’alta velocità e una mobilità urbana sostenibile che ci permetta di uscire dallo storico isolamento strutturale.
L’esperienza di Spoleto insegna che il civismo oggi può rimettere in moto le forze vitali della città, le competenze, i saperi che i partiti difficilmente riescono ad intercettare.
Nel 2024 con l’impossibilità a ricandidarsi di Andrea Romizi è inevitabile che nel versante del centro destra prevarranno le ragioni dei partiti su quelle dei civici. Le spinte partitiche saranno fortissime. Si determinerà, come in parte è avvenuto nel corso di questa seconda consiliatura – un approccio partitico massimalista, sempre più destra, meno centro e meno civismo riformista. Per questo ritengo che per un cantiere civico riformista, lo spazio a Perugia sia notevole ed utile per rimettere al centro di un confronto aperto la partecipazione (anche quando questa richiede la fatica di ac- cettare idee diverse da quelle che si propongono), il welfare, i diritti, l’innovazione, i giovani.
Oggi il civismo a Perugia, come nel 2014, può essere il motore attraverso il quale riaccendere l’interesse, nei partiti riformisti e progressisti di questa città, ad andare oltre loro stessi, ad applicare un metodo che non sia NO a tutto, ad entrare nei contenuti, a guardare più dove si vuole andare insieme che da dove si è venuti, a integrare le storie personali e politiche di ognuno per costruire un grande progetto in grado di guardare al futuro, di parlare ai giovani, ai quartieri, ai lavoratori, alle imprese, a tutti quei cittadini che si sono stancati e, rassegnati, che guardano alla propria città con disillusione, accontentandosi di commentare il palco di piazza IV Novembre e non accorgendosi che al proprio fianco c’è una famiglia che non arriva alla fine del mese.
Noi ci siamo e ci saremo, insieme a chi lo vorrà, pronti ad aprire un cantiere civico per la nostra città.

*Capogruppo Civici per l’Umbria in Consiglio Regionale e Presidente di CIVICIX