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di Gabriella Mecucci

Un canto di dolore, di rabbia, ma anche di ricerca del significato, di impegno: Songs for Murdered Sisters fa avvertire al pubblico che lo ascolta tutto questo. Ed è risuonato nella prima europea sabato sera nel teatro di Magione nell’ambito del Trasimeno Music Festival.
L’opera è frutto della collaborazione fra la grande scrittrice canadese Margareth Atwood che ne ha scritto i versi, il compositore Jake Heggie e il baritono Joshua Hopkins.
Nel 2015 un uomo in Canada ha ucciso tre delle sue ex compagne, una delle tre era Nathalie, la sorella di Joshua che da allora ha giurato di impegnarsi per diffondere sensibilità e coscienza sui delitti di genere. Al suo appello all’impegno risposero Heggie e Atwood e ne è nata l’opera eseguita sabato sera che riesce nell’impresa di essere un poetico canto di dolore e di impegno: i versi della Atwood sono in alcuni momenti commoventi. Nell’insieme lo spettacolo è un pezzo di bravura. E particolarmente azzeccato è il titolo dove le tre donne uccise, tutte e tre ex compagne dell’assassino, vengono definite sorelle: sorelle nella morte, sorelle in quella terribile sorte subita in quanto donne. Il canto di dolore diventa dunque anche un canto di sorellanza. A questo conferisce particolare bellezza l’esecuzione al pianoforte di Angela Hewitt, una grande pianista che “regala” ogni anno a Perugia e al Trasimeno una rassegna musicale orginale e di qualità, a cui non si può che augurare lunga vita. Songs for Murdered Sisters, dopo la prima magionese, verrà ripetuto a Roma il 5 luglio.
In occasione della diciottesima edizione del Trasimeno Music Festival, oltre ai magistrali concerti al pianoforte della Hewitt, sono andate in scena anche le parole della Atwwood che si è fermata a Perugia – città che già conosceva perchè luogo di studio della figlia – per 5 gioni. E’ stata l’occasione per rilasciare una lunga intervista alla Sala dei Notari al giornalista Eric Friesen. Ed è nel corso di questa che ha spiegato la sua partecipazione creativa al Songs for Murdered Sisters. E soprattutto ha ripercorso la sua straordinaria cultura storica e antropologica sullo sfruttamento delle donne, del loro corpo e del loro lavoro, sul dominio dell’uomo. Si è passati così a parlare de Il racconto dell’ancella, il suo romanzo più famoso, diventato una fiction di grande successo. Si tratta di un racconto distopico – il contrario di utopico – in cui viene tratteggiato il ruolo della donna, completamente schiavizzata, in una società totalitaria prossima ventura. “Tutti i totalitarismi – spiega Atwood – prima di ogni altra cosa, si sono sempre preoccupati di mettere sotto controllo le donne, i nostri corpi, la nostra capacità riproduttiva”. Non mancano esempi concreti: dalle società agricole dell’antichità alla feroce dittatura di Ceausescu.
Atwood è un’ambientalista convinta e consiglia: “Non serve né l’ottimismo senza ragione, né il catastrofismo, ma comprendere a che punto siamo vedendo anche i progressi fatti”.
E dell’intelligenza artificiale che ne pensa? “Dipende da cosa ci metti dentro, cosa le chiedi. Al momento mi sembra abbia partorito orribili poesie (e ride). La poesia è una creazione umana. Le macchine non possono provare emozioni”.
E infine il lavoro, la vecchiaia. Atwood rispolvera la sua proverbiale ironia e, quando si arriva alla sua età di splendida ottantenne, celia: “Ho più di cinquant’anni”. Quello con lei un incontro denso di argomenti, di problemi dell’oggi e del futuro, ma anche molto divertente. Essere impegnati non significa essere noiosi. Tutt’altro.