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di Chiara Fabrizi

In poco più di due anni, segnati da pandemia e caro materie prime, sono quasi triplicati sia i progetti di ricostruzione post sisma approvati che i cantieri avviati. Ma questi due dati, estratti dai report di giugno 2020 e agosto 2022, sono solo una parte del curriculum da commissario che Giovanni Legnini in meno di tre anni è riuscito ad appuntarsi al petto. Sua l’ordinanza chiave che ha impresso la svolta alla ricostruzione, sua la battaglia per il Superbonus al 110 per cento fino al 2025 per gli edifici danneggiati, sua pure la partita del Pnrr sisma-Next Appennino che ha fatto planare sul cratere del sisma altri 1,8 miliardi extra ricostruzione.
Malgrado i risultati, però, Legnini rischia di essere messo alla porta dal nuovo Governo guidato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a cui non a caso si è già appellato il Coordinamento dei comitati dei terremotati, chiedendole di non commettere l’errore di nominare un nuovo commissario, peraltro il quinto in sei anni. In pole per il post Legnini, ormai da qualche giorno, c’è l’ex assessore regionale delle Marche con delega alla ricostruzione Guido Castelli, che alle ultime elezioni politiche è stato eletto al Senato con Fratelli d’Italia, Guido Castelli.
Partendo dai numeri vale la pena evidenziare che nel giugno 2020, quindi a quasi quattro anni dal sisma, in Umbria erano stati approvati appena 852 progetti di ricostruzione privata (case e aziende) e altri 1.048 erano al vaglio degli uffici. Nell’ultimo rapporto diffuso dalla struttura commissariale il 24 agosto scorso, invece, si legge che in Umbria le domande accolte sono state 2.350, con gli uffici che ne stanno esaminando ulteriori 892. Del tutto analoghi i numeri per l’intero Centro Italia dove a giugno 2020 l’impasse segnava 5.325 domande accolte e 7.945 lavorazione a fronte delle 14.234 approvate e 5.690 in istruttoria rilevate alla fine dell’agosto scorso.
L’accelerazione del lavoro degli uffici si riscontra anche nello stato dell’arte dei cantieri aperti e conclusi. In Umbria nel giugno 2020 si contavano 443 cantieri in corso e 409 ultimati, mentre la rilevazione compiuta 26 mesi dopo segnala 1.165 in corso e 1.116 conclusi. Del tutto sovrapponibile, anche in questo caso, il bilancio complessivo dei cantieri nelle quattro regioni terremotate, dove nel giugno 2020 si contavano 2.758 in corso e 2.544 portati a termine, mentre l’ultima rilevazione disponibile ne segnala 6.906 in corso e 7.259 conclusi. I risultati sono peraltro arrivati in un periodo segnato da restrizioni anti Covid-19 e successivamente dal caro materie prime e dalle difficoltà di approvvigionamento, che ha costretto i cantieri della ricostruzione anche ad alcune fermate.
Tuttavia, nella burrasca generale, che nel cratere del sisma è valsa la seconda emergenza in meno di quattro anni, Legnini ha buttato un’ancora a cui tutti si sono aggrappati: l’ordinanza 100, considerata il provvedimento chiave della ricostruzione. In quell’atto, che risale alle fine dell’aprile 2020, è stata introdotta la certificazione e asseverazione dei progetti da parte dei professionisti per cantieri fino a 600 mila euro in caso di danni lievi, tetto che lievita a 2 milioni di fronte a danni gravi e viene elevato ulteriormente a 7,5 milioni se la ricostruzione riguarda aggregati immobiliari. Così facendo in capo agli uffici Legnini ha lasciato l’emissione dei decreti per il riconoscimento dei contributi, da firmare entro 70 giorni per i casi più semplici e al massimo in 130 giorni per quelli più di complessi a fronte di un tempo medio che per una pratica oscillava tra i 337 giorni delle Marche e i 203 dell’Umbria. Sempre agli uffici spetta il controllo preventivo che, però, riguarda soltanto la legittimità della richiesta, ossia la verifica sia sulla proprietà dello stabile che sulle lesioni, mentre tutti gli altri accertamenti avvengono in corso d’opera e a campione per una quota non inferiore al 20 per cento dei progetti.
A Legnini, peraltro, è spettato il censimento dei danni provocati dal terremoto portato a termine soltanto nel marzo scorso e affinato l’agosto successivo, malgrado si trattasse di un’operazione fondamentale per la programmazione, oltreché in termini economici e finanziari. La conta dei danni ha permesso di accertare che in Umbria la riparazione di case, aziende, scuole, ospedali, strade e chiede cuba quasi 3,4 miliardi di euro, che con l’aumento delle materie prime potrebbe lievitare ulteriormente.

E anche sui prezzi Legnini ha alzato il pressing su Palazzo Chigi, presidente del Consiglio Mario Draghi, riuscendo a trovare i fondi, era la fine dell’aprile scorso, per approvare il nuovo prezzario unico del cratere, stabilendo contestualmente un aumento del costo parametrico e quindi del contributo di ricostruzione del 25 per cento per gli immobili produttivi, che sale al 30 per cento se realizzati in cemento armato e al 40 per cento se costruiti in acciaio, mentre per l’incremento è del 20 per cento per quelli residenziali, ma anche qui in alcuni casi il contributo può aumentare di quali il 50 per cento. Chiesto e ottenuto, era il marzo scorso, la stabilizzazione fino al 2025 del superbonus al 110 per cento per le aree terremotate, anche se lo strumento è utilizzabili soltanto per immobili danneggiati. Infine, sulla struttura commissariale è planato anche il Pnrr sisma-Next Appennino, vale a dire un fondo complementare da quasi 1,8 miliardi extra ricostruzione per sostenere lo sviluppo economico nel cratere del sisma del 2016 e pure del 2009. Un curriculum robusto, che forse non lo salverà.
Con l’Ordinanza, che è stata inviata alla Corte dei Conti e che entrerà in vigore quindi dopo il visto di legittimità, viene approvato il nuovo Prezzario Unico del Cratere 2022 e si stabilisce un aumento del costo parametrico del 25% per gli immobili produttivi e del 20% per gli immobili residenziali. Si prevedono tuttavia particolari maggiorazioni che fanno lievitare il contributo concedibile per gli edifici uni e bifamiliari isolati di un ulteriore 25%, per quelli con danni gravissimi, e del 20% per gli altri, e vengono introdotti meccanismi che portano il contributo ad aumentare, in alcuni casi, di quasi il 50%. Per gli immobili produttivi il nuovo costo parametrico viene maggiorato di un ulteriore 30% per gli edifici in cemento armato e del 40% se realizzati in acciaio.