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di Silvia Blasio*

L’opera grafica di Carlo Spiridione Mariotti, oggi conservata quasi interamente a Perugia, subì nel tempo smembramenti e dispersioni, tanto che fogli sciolti e taccuini sono anche in collezioni pubbliche e private, come quelli appartenenti alla collezione Giuseppe Marini di Roma, e talvolta compaiono nel mercato antiquario; ma il nucleo di gran lunga più cospicuo e interessante, insieme al fondo di più di cento disegni dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, consiste nei settanta taccuini conservati presso la biblioteca del Consiglio Regionale dell’Umbria, per un numero complessivo di 2545 disegni; acquistati presso i pronipoti del Mariotti dall’avvocato e collezionista perugino Felice Romualdi nel 1892, furono messi in vendita dal proprietario due anni dopo, proponendone senza esito l’acquisto al Comune di Perugia. Passati in possesso del conte Ettore Salvatori, presso cui li vide Corrado Ricci, i taccuini furono acquisiti per la cifra di quindici milioni di lire dal Consiglio Regionale dell’Umbria nel 1974 e depositati in palazzo Cesaroni; questo atto di grande lungimiranza ha consentito di salvare dalla dispersione questo importante patrimonio grafico, già peraltro depauperato rispetto alla consistenza che aveva nel 1892.
Non solo strumento per lo studio e l’allenamento della mano, serbatoio di idee e spunti da eventualmente riutilizzare anche a distanza di tempo, ma anche compagno di viaggio tascabile e maneggevole, atto a fissare e memorizzare come ad esprimere, soprattutto nel Settecento, il piacere di disegnare dal vero, il taccuino ci trasmette gli aspetti più intimi e segreti dell’attività di un artista, costituendo lo spazio della sua libertà mentale, fuori dai condizionamenti imposti dalla cultura ufficiale. Attraverso i suoi carnets d’études, il Mariotti ci permette di percepire il respiro internazionale dei suoi interessi e la curiosità vorace che mosse il suo spirito di osservazione per il mondo a lui contemporaneo, la seria applicazione con cui cercò di ampliare i suoi orizzonti copiando opere antiche e moderne in modo sempre originale, con un atteggiamento libero e spregiudicato; ci permette però anche di scoprire la sottile ironia che caratterizza il suo sguardo quando penetra all’interno di stanze e ambienti domestici di cui coglie con spontanea freschezza la vita quotidiana, o quando osserva gli episodi e lo scorrere dell’esistenza tra le vie della sua città.
E se la prospettiva in cui Carlo Spiridione è visto dai suoi primi esegeti perugini come Angelo Lupattelli è quella un poco riduttiva e con qualche pregiudizio di «pittore di genere, capace di rappresentare piccole figure di persone e di animali alla maniera fiamminga», la recente esposizione di quattro suoi libretti in una mostra al Prado che li ha messi a confronto con quelli dei maggiori artisti europei ha giustamente riportato l’attenzione internazionale su questo artista ancora non abbastanza conosciuto.
Per tutte queste ragioni, nell’ambito del corso di Storia della Grafica che svolgo ormai da anni nel corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte dell’Università degli studi di Perugia, ho ritenuto importante far conoscere agli studenti questo prezioso e raro patrimonio perugino osservandolo dal vivo; come sanno bene tutti coloro che si occupano di opere grafiche, i disegni si devono vedere dal vero, non solo perché le riproduzioni falsano pesantemente la loro reale apparenza, ma anche perché solo con la visione diretta e sfogliandone le pagine si può realmente percepire la natura dei piccoli quaderni portatili in cui sono contenuti.
Per ben due anni ho cercato quindi di ottenere l’autorizzazione all’accesso alla Biblioteca Alumbria per una lezione sul posto con gli studenti, ma né telefonate, né e-mail, né lettere ufficiali di richiesta hanno avuto alcun esito e non ho quindi mai avuto la possibilità di organizzare la visita di studio, senza valide ragioni apparenti.
Poiché gli studenti si spostano e visitano con me importanti collezioni di disegni fuori Perugia, trovo incomprensibile che sia loro negato l’accesso proprio a una collezione conservata nella loro città e a due passi dal Dipartimento presso cui studiano.
L’intento di questa mia segnalazione è unicamente quello di sollecitare al più presto una soluzione, e rendere visibile agli studenti e ai cittadini un patrimonio di cultura e conoscenza che altrimenti risulterà sempre più dimenticato.

*Ricercatrice e docente di Storia dell’Arte moderna dell’Università degli studi di Perugia