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di Gabriella Mecucci

La scelta dei candidati a Terni è un campionario di tutto ciò che non bisognerebbe fare. E’ il sintomo di una crisi profonda della città e delle sue classi dirigenti.
I due poli stanno dando uno spettacolo deprimente (l’articolo di Patalocco lo racconta efficacemente). Dentro al centrodestra si sbranano: la spunterà Valeria Alessandrini (Lega) o Orlando Masselli (Fdi) o Enrico Melasecche (Lega)? La prima sembra in vantaggio. Ma, aldilà di chi si aggiudicherà la partita, resterà l’amaro in bocca per la girandola tafazziana delle candidature. La vittoria elettorale del centrodestra è praticamente certa e quindi il suo candidato diventerà sindaco. Anche per questo la coalizione si è trasformata in un pollaio rissoso. L’uscente, Leonardo Latini ha un po’ di fedelissimi, ma prima di tutto non è voluto dalla maggioranza del suo partito, e cioè la Lega. Perchè? È vox populi che non abbia governato bene. Lui minaccia di presentarsi con una propria lista e di spezzare il fronte del centrodestra. Ma appare liquidato. Per quanto riguarda Fratelli d’Italia, la granitica unità meloniana è già diventata un tiepido ricordo: c’è infatti chi dice che .- essendo il primo partito della città – il candidato deve essere scelto nelle loro fila e indica Orlando Masselli; e chi sarebbe disposto a confermare un leghista (Valeria Alessandrini? Enrico Melasecche?) ma non vuol sentire parlare di Leonardo Latini. Quanto a Forza Italia, non pervenuta. Romizi preferisce non disturbare i manovratori.
Punto primo: dopo cinque anni a Palazzo Spada il sindaco uscente non lo vuole più nessuno, tranne qualche Tigellino. La sua maggioranza lo liquida. E così fornisce la conferma che ha sgovernato.
Una situazione d’oro per il centrosinistra? Nemmeno a pensarci. Quello che riescono a fare all’interno di quel polo ha dell’incredibile: ci sono già su piazza ben tre candidati. Presto potrebbe arrivare il quarto. Primarie di coalizione per scegliere? Nossignore, ai 5Stelle non piacciono, meglio un sondaggio. I grillini vorrebbero poi fare, a partire da Terni, un patto spartitorio delle candidature valido per quest’anno e per l’anno prossimo (Regione, Perugia e altro). Il Pd, mentre il “campo” si restringe continua a pensare al “campo largo”. Non un partito che presenti due o tre punti programmatici per risollevare le sorti di una città malgovernata per cinque anni e in crisi profonda già da prima.
C’è infine il candidato Luca Bandecchi che ha come punto programmatico la lotta contro Perugia che “schiavizza” Terni. Additare nemici è il più banale fra gli sport nazionale, ma chi lo pratica potrebbe giovarsi dell’enorme confusione che regna sotto il cielo ternano. Nonostante ciò, il prode Bandecchi non sembra in grado di insidiare il primato della maggioranza uscente.
Punto secondo: non esiste dunque alcuna alternativa ad un centrodestra super rissoso.
Sarà dura per i cittadini ternani persino andare a votare. Quella che hanno davanti è “una politica malata”, con delle classi dirigenti non in grado di risollevarla, figlia di una città che ha bisogno di ripensare a fondo se stessa. Terni è stata per molti anni una comunità viva, produttiva, capace di esprimere cultura. Ne è passata di acqua sotto quei ponti: ormai da parecchio tempo sembra rassegnata, ripiegata su se stessa, chiusa in un campanilismo litigioso. Non c’è più nemmeno la suspence del risultato elettorale: vincerà un centrodestra desolante. E la sinistra se lo merita. A Terni Il potere logora chi non ce l’ha. E anche chi ce l’ha.