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di Andrea Fora*

Ebbene sì. Confesso che ci avevo creduto alla nascita di un’area politica riformista, liberaldemocratica e popolare che, ispirandosi ai valori della grande tradizione del popolarismo europeo, contribuisse a riconnettere con la politica tutti coloro che vogliono trasformare l’Italia con la serietà, con la competenza, con la politica delle opportunità e del merito. Un luogo che riuscisse a parlare alla testa delle persone e non alle pance, che si alimentasse di contenuti, di progetti, di una visione di futuro che va costruita con decisioni di lungo periodo, anche quando queste risultano nel breve termine antipopolari. Un luogo che rimettesse al centro la “buona politica”, quella fatta di metodo, approfondimento, competenze, radicamento nel territorio.
Certo ne avevo visto da subito i limiti del progetto Terzo Polo, per come era nato. I grandi progetti difficilmente si costruiscono sulle convenienze reciproche elettorali. Del resto non ho mai neanche creduto ai matrimoni per interesse. Rimango un idealista e credo che il motore della vita sia l’amore, la fiducia e la condivisione. Altrettanto difficilmente ho visto realizzarsi grandi progetti negli anni, quando si parte dalle singole identità con l’obiettivo di generare una somma più grande di quella di partenza. Sono anni ormai che i partiti, privi dei collanti ideologici tipici del 900, periodicamente provano a ricostruire percorsi di partecipazione democratica disaggregandosi e riaggregandosi. Lo hanno provato a fare anche le associazioni di categoria, e in tutti i casi ha sempre prevalso la gelosia della propria identità, delle proprie risorse economiche, dei propri gruppi dirigenti.
Per questo mi aveva convinto il percorso che pareva profilarsi, che ad onor del vero aveva promosso con chiarezza fin dall’inizio Matteo Renzi: un soggetto politico nuovo, che non fosse la somma di due partiti, aperto alle comunità, radicato sul territorio, democratico, contendibile, che aprisse una grande call a tutte quelle forze civiche e politiche del nostro Paese motivate a condividere una stessa idea di Paese. Un progetto che, partendo dal buon Governo del Presidente Draghi, si ponesse la necessità primaria di far tornare a crescere il nostro Paese, di ampliare per tutti le possibilità di scegliere, che lavorasse per una giustizia efficiente e garantista, un sistema fiscale più leggero ed equo, un sistema di welfare in grado di coniugare con equilibrio diritti e servizi per i pensionati e per i giovani, un progetto compiuto e strutturale di riforma delle nostre istituzioni.
Non un nuovo partito di centro, alimentato dalla campagna acquisti di parlamentari, consiglieri o amministratori in fuga dai partiti, per ricostruire un po’ di casta, alimentato dalle compagne acquisti tipiche di ogni tornata elettorale.
D’altronde, la chimera di un centro “moderato” in grado di sottrarre consensi a destra e sinistra muovendosi in una immaginaria “prateria” che periodicamente appare come un miraggio invitante si infrange regolarmente nelle urne, qualsiasi sia il sistema elettorale utilizzato, mentre l’idea di imitare i metodi del centro destra vincente (partito personale, comunicazione che sostituisce la politica, uso della leva fiscale come strumento di consenso) porta regolarmente a fare i conti con il fatto che fra originale ed imitazione l’elettore finisce per scegliere l’originale, mentre il “proprio” elettore deluso dall’offerta si rifugia nell’astensione ormai maggioranza assoluta nel Paese.
Io ho creduto al progetto del TerzoPolo (che poi mai nome fu più inappropriato – forse anche quello ha contribuito a portare sfiga). Ci avevo creduto perché quel percorso incrociava con coerenza quanto ho provato a fare in questi anni in Umbria con il nostro movimento civico. In tre anni ho toccato con mano che l’unica possibilità per far tornare al voto quel quasi cinquanta per cento di cittadini che hanno messo nel cassetto la propria scheda elettorale è ricostruire percorsi ed argomenti che stimolino e diano senso alla partecipazione delle persone, partendo appunto dai temi più concreti e che immediatamente possono incidere nella nostra vita ed attività.
Come? Sporcandosi le mani, andando sui territori, sui quartieri, mettendoci la faccia, ripartendo dai Comuni, che da sempre sono stati molto di più che una semplice entità amministrativa. Ma rimane il fatto che ripartire da questo livello comporta uno sforzo sia di elaborazione politica che di gestione amministrativa assolutamente straordinaria.
Se ci fermiamo al livello Amministrativo le scelte su singoli progetti producono esiti concreti e sostanzialmente immediati, sia nel bene che nel male. Ma è impossibile non alzare gli occhi e guardare sia al livello Regionale sia poi al livello nazionale, ed oggi anche internazionale.
E sebbene abbiamo avuto in questi anni straordinari risultati per una forza civica neonata, eleggendo un Sindaco in una delle più grandi città umbre, Spoleto, diversi amministratori e consiglieri in altri comuni e soprattutto mettendo in rete oltre 50 liste civiche in tutta l’Umbria, ne abbiamo intravisto il limite quando si è iniziato a rendere necessario integrare questa dimensione nel contesto nazionale, per aderire ad una visione più ampia di sistema Paese.
E questa necessaria adesione può essere facilitata solo ideando metodi nuovi che non deludano singole vocazioni locali, che parta dal basso, che offra luoghi politici contendibili, non imposti dall’alto. Personalmente non credo neanche si possa rinunciare, soprattutto in un periodo storico dove la politica è soprattutto comunicazione, ad un ruolo di leadership catalizzatore, capace di sintesi e di indirizzo, che colleghi e raccolga le esperienze locali e le questioni di carattere nazionali. Ma le leadership autorevoli, in tutti i contesti, si conquistano non per autorità ed imposizione, ma si alimentano con processi democratici e di riconoscimento.
Da fine 2019, quando ho avviato l’esperienza di Civiciper, ho creduto fortemente al valore del civismo, quello vero, che si ispira a valori e tradizioni culturali forti. Uno degli effetti della crisi del sistema è stato l’emergere del civismo come risorsa politica: oggi un terzo dei comuni italiani sotto i 20 mila abitanti è amministrato da giunte e sindaci civici. L’ultima tornata elettorale ha segnalato che nei comuni capoluogo di provincia il civismo è risolutivo per il 15% dei casi. Nella grandi città metropolitane il civismo concorre diffusamente a formare alleanze determinanti per le condizioni di governo.
E proprio l’esperienza di CIVICIPER mi porta oggi a dire che il progetto del TerzoPolo non è fallito. Continuo a credere che a questo Paese occorra non un partito in più, ma un metodo, una cultura, un’azione riformatrice che parta dal basso e rilanci il protagonismo dei tanti cittadini delusi dalla politica.
Per il civismo è il tempo delle scelte di campo e dell’impegno a un livello che supera l’ambito municipale. Il campo di azione dei civici riformatori è quello alternativo alla Destra Conservatrice. Il nostro ruolo è quello di federatori di realtà diverse attraverso la rivendicazione chiara ed esplicita dei valori comuni, dell’idea di progresso e futuro comune europeo e federale, del metodo di partecipazione democratica e della costruzione di politiche e organizzazioni dal basso, dalle città e dai territori.
Io credo ancora che si possa costruire, a partire dalle esperienze territoriali, a partire dai prossimi appuntamenti elettorali comunali e regionali anche umbri, un luogo politico serio, riformista, federatore, non sgabello dei partiti tradizionali ma al contrario stimolo e promotore di innovazione e partecipazione, che sappia riconquistare i delusi dalla politica, in grado di far tornare di moda i contenuti, i progetti, lo studio, le competenze, gli approcci non populisti e ideologici. Ci credo e continuerò a lavorarci, a partire dall’Umbria e dai prossimi appuntamenti elettorali per contribuire a realizzare il progetto a livello nazionale. Lo continuerò a fare senza approcci ideologici, non dovendo piantare bandierine, non dovendo cercare collocazioni personali, ma contribuendo senza pregiudizi a rafforzare il percorso civico nazionale su cui sto personalmente lavorando, Alleanza Civica Italia, contaminando di questa cultura e metodo nuovi i partiti che vorranno aprirsi realmente a tale opportunità, a partire da Italia Viva, per aprirsi a tutte quelle culture politiche che vorranno provare ad abbandonare un po’ di gelosie e identità personali per costruire insieme generosamente un futuro utile ai cittadini, alle famiglie e ai giovani del nostro Paese.

*consigliere regionale